Dal vecchio blog: Bracco di Weimar (novembre 2011)

È uno di quei cani con il pelo color del peltro lucido, la curva del ventre che sa di aristocrazia, gli occhi di paglia e di ambra, e in mezzo a tutta quella bellezza di razza, lo sguardo di chi ama in maniera disarmata, di chi corre dietro un gioco qualsiasi, di chi mette il naso umido sulle guance dei bambini.
L’incapacità di abitare fuori della fiducia.

(Ha forse le zampe un po’ troppo robuste per essere una fiera da signore della domenica, qualcosa di sguaiato per la passerella. Deve essere il frutto di una colpa, il figlio naturale di una storia ingovernata, il tradimento di una femmina annoiata, ma cesellata nel bronzo.)
Si gira

Il giornalaio lo tiene legato con un lungo guinzaglio in mezzo ai platani. Non pare soffrire di questa condizione, gli si sente nello sguardo il perimetro limitato di un mondo reinventato, la carta pesta dell’assenza di infinito – ma gli si indovina anche una storia di amore genuina, di dialoghi tra cane giovane e padrone vecchio. Una storia di amici che ridono la sera, che si scambiano tozzi di pane, e ossi, e pantofole usate.

(Quando sta seduto di profilo sembra certamente il comprimario di un quadro fiammingo, per via del colore del pelo, dell’evocazione di seta, della curva che fanno la coscia e la gola, per il naso che sembra altero e la tenerezza infantile che invece sta nascosta e lo si scambia per bestia nobiliare. Un cane da camino di marmo, un conte da tappeto persiano, un sagace arnolfino da raccogliere in uno specchio convesso.)
Scodinzola

Cane che hai gli occhi pieni di felicità sei troppo bello gli dico ogni volta – stai attento a non farti rubare.
Col pensiero vado al pensiero del suo padrone, mi pare di sentirne la voce. Non lo lascio a casa perché soffre di solitudine e comincia a piangere e i poi sapete i vicini.
La mattina molto presto, quando è ancora buoi, lo mette nel bagagliaio per andare in edicola, ai semafori urla di non fare quel gran baccano ogni volta! E si interroga sulla natura del suo risentimento verso le frenate. Lo sento quando lo chiama con un nome di imperatore, di papa, di epica, di fumetto.

(Anche questo amore invecchierà e morirà più velocemente del vecchio – e questo alle volte da il tono alle sue carezze).

3 pensieri su “Dal vecchio blog: Bracco di Weimar (novembre 2011)

  1. Bellissimo post. Sai che è la mia razza di cani preferita? Ed è vero che hanno un che di inelegante, in tutta quella bellezza, ma i cani da caccia ce l’hanno questo non so che di ferino, forse perché, pur essendo i meno pericolosi della loro specie, sono, alla fine, gli unici che fanno ancora il loro lavoro di acchiappare o stanare prede…è bello scoprire che sei anche un po’ cinofila!

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  2. Ho avuto un weimaraner, una femmina che ho svezzato io, alla fine era talmente vivace e incontrollabile che l’abbiamo affidata a un amico cacciatore in campagna. La ricordo bellissima e impertinente.

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