Overture con codice segreto in materia di prostituzione.
L’uomo in macchina vede una donna camminare sul ciglio della strada. L’ha vista delle volte salutare cordialmente altre donne che sa essere delle prostitute. Si scambiano qualche battuta –lei e le solite prostitute anziane e diurne che conosce bene e non gli piacciono tanto ma che potrebbe permettersi.
La donna sul ciglio della strada invece gli sembra più gradevole, magari questa volta potesse trattare con lei! Decide allora di provare e andando lentamente con la sua macchina, la sorpassa e accosta poco dinnanzi a lei. Se è davvero del mestiere non avrà bisogno di chiamarla e di scoprirsi, perché lei lo raggiungerà direttamente verso la macchina o rallenterà per dargli tempo. Se no tirerà dritto e ci sarà spazio per una sosta fatta tanto per, una mignotta io ma che dici, dovevo parlare al telefono, dovevo controllare l’agenda si è accesa la spia rossa della macchina.
Quando certi politici rilasciano certe interviste mi sembrano il signore della macchina, che spera di caricare una puttana. E poi se ritrattano vuol dire che lei non c’è stata. Non era una puttana oppure, intuiva che in cambio avrebbe avuto troppo poco.
Ieri Poletti in un intervento alla Luiss ha dichiarato di considerare obsolete le retribuzioni il cui parametro di base è l’orario di lavoro, sostenendo che le nuove priorità dovrebbero essere invece i risultati ottenuti. Ne ha guadagnato una ridda di critiche che sono piovute per ogni dove, oggi allora cerca di riparare alle semplificazioni senza però mettere una pezza che sia capace di tamponare gli effetti di qualcosa che apparsa come una cialtroneria di profumo veteroliberale. Dice grosso modo sul sole 24 ore – ma dovete andarvelo a leggere in cartaceo, almeno oggi non mi è ancora possibile linkarlo – non sono cattivo è che mi disegnano così! Mica che voglio togliere popopopo la paga su base oraria eh. Però, continua – vado citando sempre a spanne diciamo così – abbasta conflitto e poi contratto tra le parti sociali! Siamo nell’era dell’amore, daa collaborazione de tarallucci et vino! E quindi bisogna assumersi le responsabilità! L’interessi dell’azienda sono quelli del dipendente.
Al che ho pensato: mi faranno diventare la comunista che in fondo non sono mai stata.
Gli è che io, ho una discreta esperienza di lavoro a cottimo. Ho lavorato a cottimo in un call center per tanti anni e devo anche dire che, quando sono passata alla paga oraria sono stata anche piuttosto triste. Ero una cottimista – modestia a parte – di gran successo. Io e un altro paio di dipendenti eravamo noti per essere i più produttivi. E quindi guadagnavamo più di tutti i nostri colleghi. Molto di più. Dovevamo fare interviste sui più svariati argomenti telefonando alle persone: sondaggi politici, interviste su camion e automobili, officine e concessionarie, programmi televisivi e prodotti sul mercato. Constatavo che a farmi essere efficiente erano delle variabili caratteriali, certi aspetti che sono anche difetti: un certo cipiglio, una certa assertività, la tendenza involontaria e automatica di trasmettere nella voce autorevolezza. Non perdevo tempo a persuadere un contatto che non voleva fare l’intervista e in compenso comunicavo una necessità di obbedienza che rendeva le mie conversazioni molto rapide. Talora diventavo autoritaria: all’intervistato per esempio si chiedeva di dare una valutazione con un voto da uno a dieci a un certo comportamento o programma politico o opzione, e se l’intervistato tergiversava o cominciava a dire frasi, o aggettivi io lo interrompevo e dicevo: un voto da uno a dieci. La prego. Cattivissima. Mi rendevo lucidamente conto che dovevo avviare una sorta di tendenza regressiva – e facevo anche capire che, se mi avessero dato retta avremmo perso poco tempo. E così era.
Molte interviste poi cambiavano durata a seconda delle risposte. Quando l’intervistato era scontento di qualcosa si aprivano le domande per chiarire le cause del suo disagio. Non ho mai barato per accorciare i tempi della questione. Ma era una tentazione possibile e facilmente nessuno se ne sarebbe accorto. Le interviste con gli scontenti desiderosi di comunicare la scontentezza erano tremendamente noiose.
Quindi quando Poletti parla dell’opportunità di beypassare la paga oraria in favore di qualcos’altro so bene di cosa parla, e potrei considerarlo persino un beneficio – se per esempio si facesse come aveva fatto la mia azienda fintanto che i vertici avevano un contatto civile con il sindacato ed erano posizionati più a sinistra, per cui la paga oraria era comunque qualcosa di garantito di partenza. Tuttavia anche memore di quello che accadeva nella mia azienda, ma soprattutto pensando alla cornice socioeconomica in cui siamo adesso, mi pare che il ragionamento sia quanto mai pericoloso.
Infatti quella vecchia idea delle parti sociali in conflitto, che hanno interessi antagonisti mi pare non possa essere del tutto cassata, e si suggerisce di cassarla proprio nel momento in cui la crisi economica suggerisce al padronato di stringere la cinghia sulle richieste dei dipendenti. In secondo luogo l’occhio sul risultato è un occhio che rischia – lo dico con una discreta cognizione di causa – di premiare la quantità e non la qualità della produzione in tantissimi ambiti applicativi. Perché mettere il quattrino sul prodotto vuol dire di default dare priorità alla quantità. Il che già nel privato non crediate che non dia i suoi terribili frutti, e come se li da, ma nel pubblico arriverebbe a dei vertici di orrore senza ritegno. E ancora, in una contestualità che è riuscita a inventare i finti liberi professionisti che con la partita iva si trovano a farei i salariati senza la garanzia del salario, io già immagino che il famoso padronato tanto tanto collaborativo e consapevole delle istanze dei subalterni, userebbe questo tipo di organizzazione del lavoro per spremere alcuni e non far semplicemente, lavorare altri.
In sostanza l’idea non sarebbe malvagia in un contesto in cui congiuntura economica positiva da una parte, rispetto per la legalità e per i lavoratori dall’altra, ostilità alla seduzione della cialtroneria da un’altra ancora trionfassero – ma qui da noi non mi resta che sperare che nessuno salga sulla macchina di Poletti.