Siamo gente di persiane larghe come prati, animali da piazza e da carne come le lucertole e i gatti, bruniti, concreti, terragni. Facciamo all’amore sui pavimenti, ci puliamo la bocca col dorso della mano, abbiamo bisogno di poche nostalgie. Siamo animali da sole, da terrazze larghe, sappiamo della morte e non ci facciamo domande.
Siamo grassi, furbi, innamorati alla nostra maniera di bestie pigre. Ci orientiamo agili, nell’asfalto caldo, nella luce che spacca, ci riconosciamo l’un l’altro – la linea delle rughe, il tragitto della risata, il tono dei passi. Siamo gente da osteria, apatica alla metafisica.
Surreale è il colore che si scioglie sui sassi troppo caldi.
Ma.
La città è stata bianca per il momento di un respiro, e noi ci siamo appiattiti dietro alle finestre.
Ci siamo avvoltolati nelle tende – a spiare l’incanto nevicare sul disincanto, le fate scacciare i sorci, la vita rovesciarsi come nello specchio di un lago. Abbiamo risognato i nostri ricordi, San Pietro fatto di nuvole, le ville coperte di vetro, i nostri bambini come angeli nel silenzio.
Neanche il tempo per trovare un cappello.