(Non so come dirti che c’è una sedia di la, una sedia con i braccioli e il cuscino, è rosso il cuscino, ti ci puoi sedere. E’ quella vicino al tavolo. Sul tavolo c’è un gatto di porcellana, lezioso e datato – temo mi che mi prenderesti in giro per questo, per i cascami dei mondi perduti che trattengo – ma sul tavolo dicevo c’è anche del vino, Dio non voglia che tu mi prenda in giro anche per quello. E dei bicchieri.
Potresti sederti a questo tavolo, così penso si possa dire.
Per la luce hai due possibilità quella della lampada all’angolo, che si accende indovinando per terra l’interruttore, potresti cioè dover pestare a casaccio sul tappeto e questo ti metterebbe in imbarazzo, e la luce centrale che è vicino alla porta, che è discreta eh, non fa una brutta atmosfera, e quella è più facile, ha l’interruttore vicino all’anta destra. Però l’altra non posso negarlo – è migliore.
Cioè potrei dirti allora, accomodati accendi, arrivo subito.
Tu ti potresti dunque sedere, ti guarderesti intorno, forse apriresti una borsa grande, o uno zaino non so, oppure mi aspetteresti. Anzi sicuramente mi aspetteresti. Prenderesti il vino lo verseresti nei due bicchieri. Con una certa disinvolta fermezza, un sapere a prescindere. Ma non ci mangiamo niente? potresti dire a voce alta, in modo che io possa sentirti, e così, faresti anche in modo di rimettere in campo una intimità che la nuova sedia non garantisce, nella sua estraneità. O forse questo lo farei io. Tu sei un animale di sangue freddo, che scivola facilmente tra i fondi e la superficie.
Dunque. Ti verseresti il vino. Mi aspetteresti.
-Ti spierei un momento – ti raggiungerei. )
(qui)
bello, molto bello, mi ricorda un pò La boutique del Mistero
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