Imagine


Sono ancora in vacanza.
Davanti a me in questo momento, figli di altri stanno giocando con della sabbia. Sono bambini di tutte le età, spesso graziosi, in qualche caso bellissimi, in alcuni già titolari di una democratica imperfezione, un colorito olivastro della pelle, un naso troppo pronunciato. Una bambina sicuramente mangia troppo o paga già lo scotto di un incipiente dissesto ormonale. Questi bambini sono tutti, variamente amati. Sono bambini portati in vacanza, sorvegliati da occhi attenti che ne allevano la pedagogia fin da piccini e certo la cittadinanza. Rinfrancheranno il narcisismo di qualcuno, maltratteranno quello di qualcun altro, ma sono  la nella vita – 3 4 5 9 10 anni, dove si portano addosso tutti i sogni dei genitori.
In virtù di questo calore onirico, ma anche di questo amorevole e qualche volta pesante onere, mentre giocano davanti a me, colla sabbia – o coll’acqua, questi bambini vengono fotografati. Sono immortalati nella loro tenerezza, nella trasparenza del sorriso e in tutte le promesse che conserva la loro pelle chiara. Bambini belli, con una casa, e che promettono quello la dolcezza, questo la scaltrezza, quella la beltà quell’altra l’impertinenza. Bambini che promettono un futuro, e insieme in quelle foto, conservano il lato migliore del proprio presente.
Nessuno di questi bambini è stato fotografato oggi mentre tirava una scarpa a un altro bambino. Nessuno vedrà mai il volto di quella piccola li, che circa un’ora fa ha pianto troppo a lungo a causa di una madre che non è capace di stare con lei. E quell’altro, che il padre ha messo ora sull’altalena perché non può salirci da solo, quel bambino non fu fotografato nei lunghi mesi di ospedale quando non si sapeva se ne sarebbe mai uscito – e come.
Nessuno si spera davvero, vedrà uno di quei bambini – morto.

Le giovani madri di questi bambini, ora in effetti meno giovani di quando erano madri le loro nonne, si fanno fotografare dopo essersi pettinate i capelli, certe cercando di mangiarsi la pancia e occultando i fianchi in un pareo – debolezze di giovani madri – altre gonfiando il petto orgogliose, tre figli e guardami qua quanto so bella. I padri sorridono sornioni si fanno vedere felici e furbi, mettiamo da parte quella storia del mutuo e del prestito, o meglio ancora facciamo un vanto, un’estetica della sfiga tollerabile. In qualche modo faremo. Piegano allora la testa, il filo di luce che accarezza il mento non rasato. La mestizia vera che almeno faccia scopare, non dico altro. Farsi fotografare comunque è pur sempre una premessa di presentabilità, qualcosa di buono di cui dare testimonianza. Una innocente sponsorizzazione del desiderio di se.
(Non sempre la sponsorizzazione riesce. Dopo si guardano le foto e si dice: cancellala! Oppure evviva! E quando si dice evviva, si fa vedere agli amici, si mette sulla pagina personale si esulta per la coincidenza tra luce e ambizione, alle volte del tutto fortuita).
Nessuno di questi genitori, si è fatto fotografare dopo l’esito positivo di un brutto esame diagnostico, occasione che è capitata per esempio a quel padre. Né si è fatto fotografare da morto, il padre di quei due gemelli.
Essendo per l’appunto morto.

E bianco.