Samantha Cristoforetti torna dallo spazio, e scopre in una misura variamente prevedibile – se qualcuno ci avesse pensato – di essere diventata l’icona di un cambiamento culturale in tema di rappresentazione di genere di possibilità del femminile tutto in salsa italiana, da consumare tutto alle nostre mense psichiche e mediatiche. Ha un nome italianissimo, una faccetta italianissima, aspetti e movenze gradevoli ma assolutamente non eccentriche. Tutto in lei avrebbe la rassicurante foggia della fidanzata ammodo alla peggio un po’ secchiona, e invece eccola la fluttuare nell’assenza di gravità, mandare foto gentili dallo spazio, assurgere al regno di chi può vedere le cose da una prospettiva preclusa ai mortali – eccola nei panni dell’astronauta, quanto di più mistico ci sia rimasto sulla piazza simbolica, quanto di più sconvolgente e metafisico. Noantri non si capisce molto di cosa si può arrivare a capire sospesi nella notte, ma la fascinazione estetica dello stare nel vuoto senza forza di gravità, di sopravvivere a un esistenza senza ossigeno, di guardare la materia quotidiana da quelle distanze siderali – le foto di Samantha del golfo di Napoli quando morì Pino Daniele! –… quella roba non si batte! Quella roba ha della magia!
O della stregoneria.
Avevamo fatto il nostro apprendistato culturale per quanto sempre troppo rurale, in fatto di cosmo, e avevamo appreso da Armstrong in poi che la grandezza dell’umano poteva passare da queste esoteriche imprese, e se una nazione vuole mostrarsi veramente gagliarda non doveva più mandare i carri armati sulla Kamchatka, piuttosto sognare la trascendenza su Apollo 13, e imbastire con gli scienziati un fruttifero dialogo a cui noantri sempre un pochino con le pezze al culo abbiamo partecipato raramente. Figuriamoci poi con l’astrofemmina! I tassi di disoccupazione incalzanti, buona parte delle cittadine casalinghe, i soldi per la ricerca inesistenti, l’economia in ginocchio e persino la compagnia aerea di bandiera alla canna del gas! Ma ti pare cosa de fa le astrocose?
E invece è stata cosa e in tempi di mediatizzazione della qualsiasi, è stata subito una cosa gigante. Internet ha gonfiato il nascente mito culturale portandolo a dimensioni che prima ci erano sconosciute. Samantha Cristoforetti è diventata qualcosa di molto più quotidiano di quanto sia mai successo ai suoi predecessori. Non ci si capiva molto di cosa facesse esattamente nella navicella – è totalmente altra l’astronomia rispetto ai nostri saperi e competenze della quotidianità è quasi incomunicabile diciamo – ma intuivamo che ci doveva essere altro oltre che consumare manicaretti liofilizzati col culo sospeso nell’aere e le foto della nostra vita riprese da distanze inconcepibili.
Tuttavia la cosa importante – e squisitamente provinciale – è che se non fosse stata una donna, non ce ne saremmo accorti. Avessero mandato un Gianfranco Amerighetti in orbita, tanti bei bacini e un numero speciale su Focus, poi arrangiati. Noi che siamo dei trogloditi a cui un fuggevole boom economico ha regalato un travestimento che già sta dissipandosi velocemente insieme ai quattrini, siamo stupefatti dall’astrofemmina! Ci ritroviamo un nuovo personaggio mitico tra capo e collo che non pensavamo abitasse nel nostro inconscio culturale, ossia nel regno dei nostri desideri e timori, nell’arsenale delle nostre possibilità sociali. La donna astronauta! Una che va nello spazio cioè e che sfancula con un simpatico sorriso derrate intere di filosofia della differenza – con cui noi, anche se per lo più inconsapevolmente, facciamo la scarpetta da secoli e secoli – per cui essa non fa per niente un mestiere che concilia con la famiglia, nevvero, se ne sbatte proprio la Samantha della famiglia, dice eh beh bisogna fare dei compromessi e quindi io mo’ i figli regà non ci penso caso mai più in la. Perché Samantha in cuor suo prima dei bambini ci avrebbe da togliersi questo uzzolo di andare su Marte, per dire.
Le reazioni sono allora plurime. Ci sono quelli che con angosciata preoccupazia tipo Langone, dicono: ussignur ma se vanno tutte nello spazio chi le stira e’ camice? Signore non andate nello spazio! Ne và del vostro eterno femminino! Noantre, che per lo più siamo prima che stiratrici piuttosto pigrone in fatto di cosmo, e prima che scienziate più modestamente impiegate che devono pagare un mutuo e se magari ci fossero più asili nido ecco saremmo più contente, per non parlare del suocero coll’Alzheimer, lo guardiamo con tenero risentimento. Ci sono altri che altrettanta angosciata preoccupazia tipo Ceronetti si occupano della psiche della Cristoforetti, interpretando nell’impropria ubris di chi si mette a fare a gara con le comete, una turba veteroedipica che pure Freud – che di astre femmine della ricerca scientifica ne ha partorite un contingente – l’avrebbe guardato con perplessità. La naivité secondo cui esista una lettura patologica della sfida all’immanenza solo per le bambine mentre i bambini nisba. Samantha che dovrebbe far pena, mentre l’astroganzo no, in quanto uomo….
Ah la mefitica passione per la psicoanalisi selvaggia.
A seguire le reazioni selvagge delle varie Selavagge, che sembrerebbero rivelarsi invidiose di una celebrità non ottenuta con un bel culo, e altresì poco incline al gallinaggio mediatico. Ma che davero dobbiamo occuparci di questa cosa noiosa dell’astrofemmina, sembrano dire, anziché occuparci dei camionisti o dei minatori? Come facciamo a sparlarne tra pari,? come si fa con le dive del cinema, che per altro son cornute proprio come noi? E diciamocelo a occhio nudo anche meno gnocche. Con l’Astrosamantha è una gara impari! Quel dommage.
Le selvagge allora scatenano in nome del mito reazioni selvagge, da parte del popolo fondamentalmente bue, che bue era prima bue disgraziatamente rimane adesso, e tocca assistere a siparietti di maschi rintronati quanto volenterosi che scrivono sul web: brutta zoccola, si vede che non scopi! Ecco perché ce l’hai con Samantha! Brutta mignotta maschilista.
Sembrerebbe non esserci speranza.
Ma invece un pochino ce n’è. Di fatto un nuovo mito culturale, gonfiato, insensato, agiografico, irrazionale e che si cala su un tessuto culturale fermo alla triade mazziniana di Dio Patria e Famiglia, comunque è qualcosa che arriva perché era possibile, e qualcosa che può concimare ciò che rimane. Magari scopriremo che Samantha Cristoforetti è spocchiosona e antipaticissima, che si crede pinco su’ polli, o che fa delle cose meschinedde proprio tipo parlare in modo acrimonioso dell’astronave della concorrenza, oppure Dio ce ne scampi, cede alle lusinghe va da Fazio e comincia a parlare bene di Renzi – Astrosamantha, questo non farcelo – però di fatto, la sua immagine estetizza per noi qualcosa di nuovo, rende desiderabile quello che pensavamo non fosse proprio desiderare, rimette in campo delle ambizioni che non ci riguardavano, lo fa per i bambini e soprattutto davvero soprattutto le bambine. Samantha è il nostro telescopio giocattolo da mettere accanto alle barbie, e ai sacrosanti quanto invitti, quadernini rosa con tanti cuori sopra.