(E’ molto tempo che non mi dedico a uno psichico postarello con nuance cazzarelliste ma ugualmente di pubblica utilità. Ultimamente su questo blog sono usciti diversi post molto seri, sentimentali oppure tromboni, e allora bisogna assolutamente rimediare con un alleggerimento il che, a inizio settimana lavorativa porta anche ad altri innegabili vantaggi. Naturalmente, anche se cazzarellista rimane l’intento filantropico e il desiderio di fornire con levità suggerimenti di pubblica utilità.)
Dunque esiste questo luogo comune, ecco molto sentito nel nostro paese, secondo cui gli uomini avrebbero paura delle donne intelligenti. Io per la verità lo credevo estinto insieme alla giacca colle spalline imbottite e i bottoni gioiello, e in effetti molti uomini temendo di fornire la prova ultima che alle scale wechsler prendono il punteggio minimo, popo de quelli che non distinguono un triangolo da na palla, hanno smesso di dire questa cosa, e la vanno sostenendo solo alcune donne – questo almeno dal mio vertice di osservazione, le quali pensano che, a. sono titolari di cervelli dotati di indoppiabili picchi sinaptici, b. che proprio per questo il mondo maschile gli è inviso. Infatti a loro succede questo: ogni volta cheesse esternano nel mondo un pensiero dei loro, ipso facto per sua genesi originalissimo e imperdibile, l’omini sbuffano bofonchiano si spazientiscono stantuffano. Ne consegue che queste donne di brillantissimo ingegno hanno una vita irta di delusioni e sofferenze sia perché non le hanno ancora fatte primo ministro, sia perché anzi nel lavoro compiono scarsi progressi, sia perché cambiano un fidanzato ogni due mesi.
Quando lo trovano.
Invero, questo tipo di donne non di rado è davvero molto in gamba. Qualche volta davvero moltissimo anche, molto spesso viaggiano in uno stato di intelligenza decorosamente nella media. Sono certo colte, certo preparate, certo umoristiche diciamo nella media dei tipi che hanno delle cose ganze da dire, ma raramente sono sciocche. Invece quasi sempre sono fori come cucù. E il loro fuoricomecuchismo si esprime in comportamenti tafazzeschi, che ledono i loro interessi: esse cioè se credono di suscitare antipatiche reazioni per il contenuto di certi loro imperdibboli aforismi, quando il problema è invece di sintassi. Dunque, vediamo come venire in contro alle nostre Schopenhauer incomprese.
Come dato di partenza, partiamo da una agevolata schematizzazione della famiglia di origine della nostra Schopenhauer. Essa, quae cum ita sint, diciamo è nata da una mamma e un papà. Se essa ha dei lati come dicevamo di fuoricomeunbalconismo essa potrebbe avere un passato problematico o con la mamma, o con il papà o – nella quota maxima di sfiga – con entrambi. Ma spessissimo nella percezione soggettiva, di Schopenhauer come di chiunque, c’è una figura vissuta come più scassaczz e una come più pacifica ( in verità ad una corretta disamina risultano entrambe scassaczz, ma Schopenhauer tante volte non lo sa). Una come più vicina e invasiva e una come più lontana e satellitare.
Ora, siccome Balint – colui che sostenne che il transfert non si da solo in terapia ma ovunque e perunque – non era proprio l’ultimo degli scemi, si da il caso che, se Shopenhauer ci ha un passato ostico con una figura maschile un babbo, fracasserà gli zebedei a qualsiasi capoccia, capo ufficio, prof prestigioso, fratello maggiore di amichetta e via di seguito le capiti a tiro che gli ricordi quella figura, che nell’asimmetrica relazione – per esempio di nutrimento e dipendenza come è l’essere stipendiati e magari in virtù di un certo specifico atteggiamento. Allora essa quando interverrà nella riunione a introdurre i primi capoversi de “Il mondo come volontà e rappresentazione” certamente dirà delle cose davvero interessanti, ma ci avrà molta furia e fretta di riattualizzare il conflitto con la figura con cui si è scazzata per tutta l’infanzia. Potrà essere per esempio molto arrogante, provocatoria, svalutante. Qualche volta le proiezioni riguarderanno la fratria, la lotta fra fratelli per la conquista della mamma o del babbo, e allora si scaglierà con determinata ostilità sui colleghi. A quel punto, siccome er cuore de na madre è de na madre e il sindacato diciamo sta vivendo un periodo difficile avrà raggiunto il risultato di stare sulle balle a tutti, di non riuscire ad avere buoni rapporti con nessuno. In primis il medesimo capoufficio il quale, al diciottesimo lei non sa chi sono io, lei per quanto preparato non ha colto, sa non sono completamente d’accordo con lei etc. etc. etc. proferirà nei meandri della sua psiche un esasperato checcojoni, e darà l’incarico a un Ciccio pasticcio qualsiasi – solitamente non meno intelligente, ma certamente più amabile.
Schopenhauer allora dirà tzk! Al capo non piacciono le donne intelligenti! Ma si sbaglierà non è vero, non è questione di intelligenza, e questione di messaggi di sottotesto. Al capo non piace questa cosa dell’essere continuamente rimbeccato, sfidato, contrastato, non piacerà il tono del tipo io ne so più de te hai capitooo, non piaceranno le braccia conserte, o certe espressione de pinca su polli che si saranno appalesate sul volto di Schopenauer durante la sua prolusione.
Ora, una buona esperienza analitica risolve grandemente questo tipo di inconvenienti, in sua assenza però è utile chiedersi: quanto mi piacerebbe a me che ogni santa volta che parlo, alza la mano Fra Cazzo Da Velletri e mi dice con miagolio costante scusiiii eh, non sono d’accordo sa. Forse che mi manderebbe diretta fori dal balcone? E come sarebbe se provassi a dire le stesse identiche cose mostrando – all’inizio diciamo per ipocrisia pura – di rispettare cosa dice il prossimo? E ancora. Cambia davvero tanto all’opinione che il cosmo avrà della mia produzione filosofica se io un concetto lo ribadisco 45 volte o 33?
La verità Schopenhauer è che basta una de volta, o la va o la spacca. Tienilo a mente.
Repetita juvant più che altro ai cretini. Agli altri fanno danno.
Altre volte è il bisogno di riconoscimenti che rende le prolusioni di Schopenauer altrettanto indigeste. Questo è un problema in un contesto sessista, perché se è vero che gli uomini non hanno paura delle donne intelligenti, è vero che in certi gruppi particolarmente reazionarii tendono a escludere il femminile dal dibattito. Se Schopenauer non ha allora dalla sua una consapevolezza titanica dei propri mezzi, che le dona quel tipo di carisma che spacca tutto ovunque, ci sono donne che in effetti ce l’hanno, il desiderio di riconoscimento in un contesto che tende al disconoscimento la porterà impercettibilmente ad assumere nuovamente il ruolo dello scassaczz frignone, facendosi livorosa, lamentosa, pallosa, e come dire mettendosi in guai peggiori di quelli in cui il destino l’ha cacciata. Gli è che i toni di voce qualificano le nostre relazioni e le nostre posizioni nella relazione, e queste qualifiche sono prioritarie ai contenuti proposti, specie se non siamo esattamente di fronte a Rita Levi Montalcini ma anche alla numero 2 o 3. Allora se una si autodenuncia come ultima sfigata, arrabbiata per questo – la frittata è fatta. Roba da comportamentisti mi rendo conto, ma ci ha un suo che.
Certi tipi di Schopenhauer, per esempio, pensano che se non ci hanno l’ultima parola perdono la faccia. Forse più esattamente, non resistono psicologicamente a non avere l’ultima parola – una caratteristica questa tipica di certo tipo di insicuri, e salvo i casi di patologie a contrasto tipo – il salvatore di poverine e la crocerossina, inducono i più a darsi garbatamente a gambe levate. Ma quando sono le donne a mettere in pratica di questi comportamenti, penseranno di essere allontanate dagli uomini per la levatura dei loro assunti, perché quelli non sopportano di avere torto, machisti da strapazzo che non sono altro! come se nevvero avere torto piacesse a tutti.
In particolare, le Schopenhauer in condizioni più psicologicamente critiche, usano questa strategia dell’ultima parola anche durante gli appuntamenti galanti – spesso allo scopo di attaccare quello stesso oggetto del desiderio che ora stanno desiderando. Queste poverette sono in preda all’Io antilibidico di Fairbairn, forse meglio noto come sabotatore interno, una sorta di seconda personalità interiore che si prefigge con accanimento lo scopo di mandare in vacca qualsiasi occasione di felicità. Se questo sabotatore interno è particolarmente efficace, capirete bene che lo stato psichico della proprietaria versa nelle più critiche condizioni, proprio avrà una percezione di se delle più funeste, di solitudine di essere non visti da anima viva, di freddo cosmico – il che induce non di rado a tentare la sopravvivenza con rimedi che peggiorano il male anziché curarlo, ossia le mejo note presso noantri, difese narcisistiche. Allora succederà che Schopenauer, coll’amici, alla posta, a una cena a sfondo sessuale esternerà i suoi disvelamenti del velo di Maya con grande autocelebrazione, vanto ma una sorta di vanto esagerato che avrà lo scopo di farsi dire uuuuuh come sei brava te cor velo di maya! Uuuuh come disveli te nessuno! Che potrà anche capitare eh, ma diciamo che lo sfondo sessuale ecco, meglio mettece na croce sopra.