Secondo messaggio nella bottiglia

Ciao Silvana torno a casa.

(Sai che è morto Charlie Watts? Te ne fregava a te di Charlie Watts? Dei Rolling Stones? Non parlavamo mai tantissimo di musica perché io sentivo che era uno dei territori in cui maggiormente si ispessivano le distanze. Eri stata una ragazzina scalmanata e tempestosa, con gli occhi severi, il fumo e il sonno sulla sabbia, eppure avevi della campagna quella diffidenza ruvida verso le ritualistiche urbane, la musica andava bene per ballare ma non doveva trascendere nel culto. Niente altari né preghiere, niente santi sporcaccioni.  Men che mai sfioravi le cose che ascolto io, che commuovono me e che mi servono per capirmi. 
Ma dicevo, ti ho pensato perché i Rolling Stones a settembre faranno il tour lo stesso. Tu non li avresti giudicati, ho pensato, la campagna sa accettare la crudezza della morte).

Ci siamo visti tutti insieme e abbiamo fatto quelli che stanno bene e ridono e fanno le cose.
Per questo ti ho pensato, quando è morto Charlie Watts, e ho pensato agli amici della vita che suonano tutti insieme, e poi uno se ne va e che fai smetti? E che è onorare l’amicizia quello? Non si smette. Per quello credo che suoneranno a settembre i Rolling Stones, di cui avremmo riso insieme in modo volgare decidendo se i membri sono del tipo del vino, o del tipo che no  – il tipo aceto, questo al massimo avremmo concesso alla devozione, e poi ho pensato che noi a modo nostro abbiamo fatto uguale, noi amici ancora vivi, chi sa per quanto, non me ne volere Silvana mia speriamo ancora per un po’, e insomma dicevo, ci siamo visti abbiamo bevuto, abbiamo riso. Io ammetto che a un certo punto, senza di te, non è cattiveria eh, mi rompo i coglioni. Ma te lo giuro solo dopo un certo punto.)

I nostri maschi stanno bene. Tuo marito fa cose con i tuoi figli. Sono tutti belli e rigogliosi, volevo tranquillizzarti su questa cosa.  A questi incontri, hanno detto cretinerie tutto il tempo, le femmine hanno nascosto la grappa oltre una certa ora, si sono fatti caldo l’un l’altro con il loro modo, gli amici hanno raccontato vecchi aneddoti, noi femmine ogni tanto fissavamo il vuoto un po’ perse. (Io non ascoltavo i Rolling Stones. Non so bene che animale fosse Charlie Watts, ma in generale mi sembravano un’orchestra di narcisi, che Dio li benedica non saremo mai abbastanza grati a questi eroi generosi di se, ho pensato che in una certa data di ottobre che ne so, un pomeriggio a Mick Jegger – (vino). – gli potrebbe venire il magone, si potrebbe mettere a spegnere cicche con violenza dicendo cose e un altro (aceto) dire, eh dai Mick, su proviamo, lascia stare, NON SI PIANGE QUI CAPITO? Come ci disse quell’amica tua all’ospedale, e qualche altra intigna ancora, ognuno si difende a modo suo).

I bambini dicono che ti pensano, soprattutto la piccola. Ti farebbe molto ridere. Mentre il maschio prende le orme dei maschi del mio casato: obliquo, umoristico, incerto, gentile, ansioso, lei è una piratessa fatta e finita come siamo state noi, impavida e iconoclasta. Dice che ti porta nel cuore e che se prendiamo un altro gatto lo chiamiamo Silvana, un’ipotesi che non mi sento di accantonare. 
Quando ci vediamo con tuo marito giocano insieme, si picchiano, si sfidano a duello, smontano il ristorante facendo cadere le sedie, lui la lega coi tovaglioli, io faccio ste foto pensando che tu le possa vedere. 
(Tutti stanno comunque più o meno dolorosamente dritti, riescono anche ridere, so che lo desideri del resto,  come desiderano le persone che vogliono bene.
Ciao cara)

Milf

La donna seduta al tavolo guarda l’orlo del mare, grosse navi grigie, minime allo sguardo, stanno ricamate all’orizzonte, il cielo una melma di smalto sulle cose, porta degli occhiali da sole la donna, una lunga gonna a fiori, un marito, due figlie e un’amante che l’ha lasciata, perché troppo turbolenta. A questo amante ora lei pensa, cercando di annichilire la mancanza coll’arma spuntata dei vecchi, che è il buon senso. (L’amore sottile di certe retrovie, amore di ossa lunghe, di dolcezze preoccupate, un modo distinto di prenderle il braccio, il volto, il corpo. L’amore urbano che ha la giacca, gli occhiali, il giradischi, un raro modo di sorridere, un frequente modo di essere infelice.)

Il ragazzo non sa precisamente l’età della donna. Senza dubbio deve avere almeno l’età di sua madre, si può ipotizzarne qualcuno in più. La guarda e ne sente qualcosa, non sa neanche bene come fa a sentire, è un animale giovane, una bestia veloce, di pelo corto, sente coll’olfatto uno sguardo, e pensa che gli sia destinato. Dunque la fissa con un’insolenza cinematografica e datata, come a  frugarle nel corpo scuro, e pensa con una sorta di invidiosa ambivalenza verso il potere della carne e quello dell’età, che dovrebbe cimentarsi con la pelle sgranata, e le gambe troppo lasche. Si siede davanti a lei.  “Posso offrirti qualcosa”, le dice.

(La donna stava districando gli errori dalle forme di lealtà, stava misurando il tenore degli sguardi e delle ultime terribili parole. E’ meglio che non ci vediamo, le aveva detto l’uomo di cui era gravemente innamorata, non perché non ne abbia desiderio o addirittura bisogno, ma non possiamo rompere niente, è meglio allora che non ci vediamo, e la donna si strugge per tutte quelle negazioni. Pensa al richiamo del corpo vecchio dell’uomo amato, delle sue spalle esili, della sua voce, che le vibra fin dentro lo sterno.
  Sicché – quando il ragazzo giovane, si rivolge a lei, è come se sentisse il guinzaglio dal mondo dei vivi richiamarla, una corda, un ritorno alle cose dei mortali. Lo guarda come per la prima volta, gli indovina tutto, prova tenerezza e disprezzo).

“Offrirle”.
Corregge lei, per niente lusingata, scivolando in qualcosa di austero e cattedratico e sentendosi dentro una rabbia sleale. Dov’è la madre che sei normalmente, si chiede mentre muove la bocca con sarcasmo, questo è una cane innocente, uno che sa a stento di scopate e di pompini, tutta una verginità dal dolore e dalla morte gli sta sulle guance e negli occhi. Gli guarda il mento appuntito, le pieghe agli angoli della bocca.  

Chi sa che si pensa di fare, dice fra se e se, distratta di malavoglia dal dolore. 

(Lui non capisce niente, in effetti. Era un gioco ma già si è annoiato. La vita gli è ancora immensa e oscura. Tra un paio d’anni una sera, una ragazzina difficile tergiverserà sulla sua pelle, e comincerà la lunga strada che la donna ritiene, probabilmente a torto, di aver finito di percorrere. Si alza.
“Mi scusi”, le dice)
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