Scattone. Note provvisorie e personali

Come la maggior parte di voi non avrà potuto fare a meno di sapere – Scattone si è ritirato dall’incarico a seguito di una pressione mediatica insopportabile seguita al fatto che, finita la sua condanna, sarebbe stato reintegrato nell’insegnamento, di psicologia, nella scuola pubblica.
Era stato condannato per la morte di Marta Russo, studentessa de la Sapienza, uccisa nel 1997 da un proiettile di cui però non si è mai trovata l’arma. All’opinione pubblica arrivarono notizie di un processo condotto in maniera discutibile, con prove insufficienti e testimonianze altrettanto discutibili, la cui sentenza finale si contraddistinse per un tentativo di compromesso: tra l’idea appunto dell’omicidio reale, e la palese insufficienza di prove: si optò per un’accusa di omicidio colposo. Il periodo di carcerazione fu piuttosto breve: 5 anni – a cui seguì una fase di reinserimento con dei lavori socialmente utili, che Scattone svolse con le persone disabili. Di poi si sarebbe anche dedicato a delle supplenze – e ora, a seguito del concorso di abilitazione – aveva ottenuto il posto di ruolo nella scuola pubblica.
La polemica sulla stampa è sorta in relazione a questo posto di ruolo.

A molti nell’opinione pubblica non piace il fatto che una persona dichiarata omicida e omicida di una studentessa nell’esercizio delle funzioni torni a lavorare in quelle stesse circostanze. Molti genitori hanno anche protestato per questo fatto – così come hanno protestato, i genitori di Marta Russo. A sua volta la stampa ha approfittato degli umori popolari sollecitati dalla vicenda e li ha ulteriormente amplificati.
C’è qualcosa di molto umano e di molto cinicamente ancora umano in questo ordine di reazioni: la condanna è risultata troppo breve per un reato tanto grave, e la riabilitazione viene letta come una sorta di perdono che nessuno se avesse potuto avrebbe accordato volentieri. Ma a questi sentimenti, in tante retoriche che si sono sentite in questi giorni, si sono aggiunti altri ingredienti: per esempio la rabbia per la perdita di quel potere che dava la polarità tra la comunità a piede libero e l’imputato in carcere, un imputato capace di sollecitare molte antipatie di classe, con quel ruolo di assistente nell’ateneo e il pettegolezzo sul delitto perfetto che circolò al tempo del processo. L’imputato nella vita torna ad assumere il potere che ha sempre avuto e questo può non piacere. Allo stesso tempo a qualcuno può essere arrivata la sensazione di una giustizia mancata. Addossando alla legge, le responsabilità delle difficoltà delle cose umane: non c’erano le prove per una condanna per omicidio in piena regola, e davvero in pochi hanno cognizione di causa del processo tale per poter dire che si sarebbe potuto agire diversamente.
Soprattutto però ci si dimentica di un ordinamento giuridico nato per proteggere tutta la cittadinanza nel momento in cui come dire – pecca. Si protesta per Scattone dimenticando il diritto di tutti a rientrare in un posto di lavoro ogni volta che ci sia stato un regolare processo, un regolare decorso della condanna con regolari servizi sociali come questo caso, lo si fa senza interrogarsi in termini specifici sul perché si o perché no – ma auscultando solo un desiderio.
Il diritto di Scattone di tornare a lavorare è cioè una protezione del nostro diritto, anche se non ci ricordiamo che possa riguardarci – ricordarcelo in effetti, è un’esperienza piuttosto sgradevole.

C’è una sola cosa su cui io personalmente ho delle perplessità. Non ho seguito personalmente il processo nel dettaglio e temo anche che dalla mia prospettiva mi siano state precluse diverse informazioni salienti. Fu una vicenda triste, in cui precipitarono altre grandezze e altre questioni ho la sensazione che la verità personalmente, non la saprò mai. Non sono convinta della responsabilità penale di Scattone ma non riesco a persuadermi neanche della sua innocenza – ne consegue che quello che sto per dire, ha come pretesto Scattone ma si riferisce più genericamente al dibattito che oppone chi vorrebbe che Scattone non fosse riammesso all’esercizio della docenza e chi mette questo ordine di richieste sotto l’etichetta del populismo penale come ha fatto Manuel Anselmi in questo articolo e che ha parzialmente ispirato questo post.
Il mio problema cade infatti nel contesto della preoccupazione per l’eventuale reiterazione di un reato. Se devo assumere che bisogna prendere per vera la verità giudiziaria e che quindi Scattone sia stato responsabile di un omicidio – che non sarebbe però avvenuto in conseguenza di una relazione con la vittima, di un movente collegato a questioni di soldi o di potere o di rapporti con la malavita – la mia deformazione professionale mi farebbe temere un nuovo tentativo, e prima di reinserire l’ex imputato in un contesto professionale così simile a quello in cui è stato compiuto il delitto riterrei auspicabile una successione di perizie e anche alla luce di quelle perizie – se penso alla storia di tragici errori quando si è sperato di diagnosticare la reiterazione di un reato a sfondo psicopatologico – io avrei esitato non già a garantire un rientro nel lavoro a Scattone, che mi sembra un obbiettivo fondamentale in una democrazia matura, ma forse avrei evitato proprio quel contesto.

16 pensieri su “Scattone. Note provvisorie e personali

  1. Non concordo con la conclusione. Solo un tribunale può accertare la pericolosità sociale di un individuo. se il processo si conclude con una sentenza di condanna e niente altro, l’effettuazione di perizie al termine della condanna costituirebbe una perpetuazione della pena, consistente proprio nella sottoposizione a perizia, contesto in cui il ruolo del giudice sarebbe assolto da un soggetto privo, per il periziato, delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico al diritto di difesa. In ultimo, torniamo al diritto penale d’autore?

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    • Scusate ma com’è possibile che con tutto l’impianto accusatorio fondato sull’ipotesi del delitto perfetto non siano state chieste perizie psichiatriche durante il processo? Non sono esperta ma a naso mi pare davvero strano.

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  2. Esistono diritti e opportunità. Per il diritto ha avuto tutte le garanzie e merita di ricominciare da dove la sua vita è stata, per così dire, interrotta. L’opportunità consiglierebbe un altro indirizzo, meno visibile con meno ricadute di responsabilità.

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  3. D’accordo su tutto tranne il finale. Io credo che bisognerebbe comunque cercare la rieducazione e il pieno inserimento. Capisco le perplessità dovute alla tua professione, non le comprendo non avendo le tue conoscenze, però mi chiedo se con valutazioni periodiche non potrebbe essere comunque assunto..
    Personalmente, in modo ovviamente non scientifico e limitato, ho constatato che i danni peggiori li fanno gli incensurati, chi invece è in cura difficilmente ha comportamenti dannosi.
    Poi ovviamente uno psicotico non deve lavorare in una scuola e in molti altri contesti, ma non so se è questo il caso. 🙂

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  4. Vorrei conoscere i motivi del tuo dubbio riguardo alla colpevolezza di Scattone. A me sembra del tutto innocente e non vedo nel processo una sola prova convincente. E’ un terribile errore giudiziario. Mi interessa proprio conoscere gli aspetti della vicenda che inducono una persona intelligente a propendere per la colpevolezza, perché io non riesco a vederne. Grazie

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  5. Se partiamo dal fatto che è stato condannato per omicidio colposo, e avranno avuto le ragioni che noi non conosciamo, significa che lui e/o qualcuno con lui si è affacciato a una finestra per provare un’arma da fuoco, non trovata, e ha sparato (volontariamente o involontariamente, non sappiamo). Tutto il resto non ci interessa perché una condanna c’è stata, è stata scontata e l’individuo deve riprendere a vivere perché ha espiato quello che la società aveva richiesto. Il ‘ma’ riguarda solo il contesto, come dice Costanza, e non dovrebbe riguardare il dispositivo di condanna ma il buon senso dell’individuo riabilitato.Ad esempio, se ammazzi la figlia dei tuoi vicini di casa travolgendola, colposamente, con la tua macchina; ti condannano a cinque anni, te li fai e ti riabiliti; prima di tornare a passare tutti i giorni davanti alla porta di quei genitori forse ti poni qualche domanda e magari, a meno che , per un percorso tuo personale e privato non ti sia in qualche modo avvicinato a quei genitori e/o avuto addirittura una specie di perdono, forse sarebbe meglio, per te soprattutto, decidere di cambiare indirizzo e, forse, anche professione qualora fossi anche vigile stradale, per dire. Magari chiedere di stare in ufficio invece che a vigilare.. In questa storia mancano troppe cose, magari il percorso umano c’è stato e anche il riconoscimento di una propria avventatezza, non so. Certo le perizie, se ci fossero state, avranno confermato che non c’era patologia, la quale cosa ci deve bastare di sicuro ma ci lascia più preoccupati dell’incidente del vigile di cui parlavo nell’esempio. Perché magari riesco a pensare al vigile distratto che comunque riprende a guidare, se pur lontano dai miei occhi, ma mi turba assai l’idea che qualcuno, forte di queste conclusioni, si metta a sparare dentro una università perché ha necessità di maneggiare un’arma e che, per prudenza – ma che bravo, lo faccia non in corridoio ma da una finestra. Credo che Scattone non abbia attivato un percorso di riconoscimento di responsabilità perché, giustamente, non si ritiene colpevole, quindi tutte le nostre disquisizioni le lasciamo per il vigile e riabilitati veri.

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  6. Ringrazio Costanza per aver esplicitato una posizione che condivido e pe raverlo fatto con una pacatezza che in questi giorni, discutendo sui social, a me è parecchio difettata. Qui vorrei entrare un po’ nel merito della questione, che pone un principio di carattere generale e che quindi, se permettete, trascende il caso specifico e allo stesso tempo lo contiene. Qui il focus non è, come leggo in questi giorni (con un tono emozionale nelle argomentazioni che stride parecchio con l’immagine di paladini del garantismo e dei diritti che si dipinge addosso chi lo usa) l’interminabilità della pena, l’impossibilità della redenzione o altre cose simili: non c’entra proprio nulla.
    Il focus è se è opportuno che chi commette un crimine nello svolgimento del suo lavoro (e nello specifico Scattone era in Università come ricercatore e docente e Marta Russo era una studentessa) possa o meno tornare a svolgere quel lavoro una volta reinserito nella società. La questione non è puramente scolastica: esistono lavori, come il mio, in cui una condanna per omicidio colposo automaticamente comporta la radiazione dall’ordine, e nessuno mi pare che su questo abbia mai avuto qualcosa da dire. Questa questione tocca aspetti non tanto formali, e non ha nulla a che vedere con l’interdizione o meno dai pubblici uffici (come ho letti in questi giorni). Ora, è evidente che è una posizione che si può o meno condividere, ma a me non sembra corretto nè logico equipararla al sostenere il fine pena mai.
    Chiudo sulla quastione delle perizie: se qualcuno qui pensa che, ogni qual volta ci sia un omicidio, il condannato venga peritato, allora quasto qualcuno non sa nulla del mondo peritale.

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  7. Per quanto mi sembri giusto che chi ha scontato la sua pena torni ad avere i diritti di prima, mi sembra altrettanto giusto che precedenti di un certo tipo possano precludere la carriera in alcuni ruoli pubblici. Ad esempio se non hai la fedina penale pulita non puoi fare il conorso per entrare in Polizia ( ma nemmeno se hai fatto il servizio civile come obiettore ), o per Assistente Sociale. Perciò anch’io mi stupisco sinceramente che invece si possa diventare insegnante.
    E, mettendomi nei panni dei suoi potenziali studenti, mi domando: essere allievi di un professore che ha ucciso una studenessa (questo dice la verità giuridica, con quanto poi di controverso e dubbio nell’intera vicenda) è compatibile con un rapporto studente-insegnante sereno? Io penso che ne sarei abbastanza turbata, di certo la cosa non mi sarebbe indifferente…

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  8. Non è affatto provato che abbia VOLUTO uccidere nessuno (né che qualcuno sia morto per colpa sua, anche se questa era la condanna). Il concetto di omicidio colposo non ha nulla a che vedere col pericolo di reiterazione.

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    • La decisione di dichiararlo colposo apparve a tutti come una sorta di compromesso tra l’ipotesi di colpevolezza e l’innocenza dell’imputato. Personalmente date le circostanze le cose mi sembran due: o è innocente oppure l’omicidio non poteva essere colposo.
      Cioè uno smanaccia una pistola carica in peno giorno in un ateneo e io non devo pensare che sia quantomeno bizzarro, sparando toh dall’interno all’esterno?

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  9. Non psicologia a scuola. Vi prego.Ha fatto bene a non accettare di rientrare in un ambiente in cui comunque non avrebbe avuto modo di riscattarsi e di essere benvoluto.
    A prescindere dalla scusa delle pressioni mediatiche.
    Spero per lui che si sia trattato più di un fatto di buona coscienza.

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  10. A prescindere dalla mia personale opinione (e cioe’ che si sia trattato di un ” errore giudiziario” o di un ” orrore giudiziario” viste le pressioni esercitate sulle persone che diventarono poi testimoni d’ accusa), ritengo e concordo con altri che mi hanno preceduto che sia il tribunale e non una perizia successiva alla condanna e all’ estinzione della pena a determinare se una persona possa o non possa essere reintegrata in un ruolo, mestiere o professione che peraltro e’ il suo mestiere e professione. Una condanna per omicidio colposo mi sembra escludere l’ intenzionalita’ e anche la possibilità’ di reiterazione del crimine. Scattone, qualora abbia realmente ucciso una studentessa per un assurdo e stupido gioco da una finestra dell’ universita’, non si sarebbe comunque macchiato di questa colpa in quanto docente e la sua vittima non sarebbe stata colpita in quanto studentessa ma in quanto ‘ passante’ sulla traiettoria del colpo. Mi sembra quindi assurdo ritenere che nel caso di Scattone continuare ad esercitare la professione di docente, possa rivestire una qualche pericolosita’ e innescare meccanismi di reiterazione dei fatti attribuiti.
    Mi domando inoltre perche’ si sia scatenata questa reazione nel momento in cui Scattone diventa docente di ruolo, forse che da precario non era altrettanto pericoloso?

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  11. nessuno nega a Scattone il reinserimento sociale e nessuno viene condannato in eterno allo stato di parìa. Comunque poteva ben avviare un negozio di panettiere o di vendita al dettaglio. Vederlo di nuovo in una scuola, come docente, perdipiù in Psicologia, stride col suo passato e col reato per il quale è stato condannato.

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